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Recensione al libro: Poggio Santa Cecilia e la chiesa della Madonna in Ferrata
Lunedì, 25 Gennaio 2010 - 16:46 - 5021 Letture

Poggio Santa Cecilia e la chiesa della Madonna in Ferrata

Il libro che esaminiamo questa sera è il terzo della collana “Popoli, chiese e castelli” diretta da Patrizia Turrini ed edita da Pascal Editrice.
Già questa collocazione indica con chiarezza le finalità e gli obiettivi che si proponevano i suoi autori: dedicare le loro analisi e i loro studi alla chiesetta della Madonna di Ferrata, l’antichissimo oratorio tra i boschi finalmente recuperato grazie a un restauro esterno quasi ultimato, ma nel contempo allargare l’analisi storica al territorio circostante, nella fattispecie al Poggio Santa Cecilia e alle sue chiese.



Le vicende del piccolo oratorio sono state  pertanto analizzate e interpretate anche alla luce di tutto il contesto che le circonda. Questa operazione è stata fatta avvalendosi di tutte le fonti disponibili, e per fonti intendo non solo quelle documentarie e archivistiche che in questo caso, come vedremo più avanti, fanno la parte del leone perché sono numerose e assai diversificate, ma anche - ove era possibile - delle fonti artistiche, architettoniche, cronistiche, delle leggende locali e delle tradizioni popolari. Testimonianze che affiancate ai dati "asciutti", precisi e a volte anche un po' ostici (in qualche caso confusi) dei documenti scritti, peraltro importantissimi, possono contribuire a farne comprendere meglio il significato giuridico, consentendo così una restituzione della memoria storica più completa e viva.

Cecilia Alessi, con la consueta perizia e competenza, dedica un pregevole cammeo  alle due immagini ad affresco della Madonna Ferrata, la quale è oggetto di grande devozione da secoli e alla quale è dedicata la chiesetta recentemente restaurata.

Le immagini sono quella al centro e sul trono della grande pala murale dell'altare maggiore della  di Santa Maria in Ferrata (o chiesa della Madonna in Ferrata); e il piccolo dipinto rappresentante la Madonna col Bambino, oggi staccato e custodito nell'arcipretura di Rapolano.

L'autrice attribuisce la piccola icona al secolo XV, sulla base delle molte analogie con manufatti senesi del Quattrocento; colloca l'affresco dell'oratorio di Santa Maria entro la prima metà del Cinquecento. Tra le due immagini c'è grande somiglianza e rispondenza, probabilmente, ipotizza l'Alessi, il frescante cinquecentesco della pala, ha copiato la piccola icona, ma la sua opera contiene anche "quelle novità che nei primi decenni di quel secolo portarono all'affermarsi della maniera moderna".

Chiarisce anche i dubbi sull'originaria ubicazione della piccola icona, sulla quale si erano fatte varie ipotesi, ipotizzando danneggiamenti alle altre opere. In realtà, precisa l'Alessi, anche sulla scorta della descrizione fatta dal Brogi nel 1865, la piccola icona era inserita in alto al centro della seicentesca tela dell'altare maggiore dell'arcipretura di Santa Maria Assunta a Rapolano. La disposizione dei santi, le pose e la loro gestualità denotano che la tela era stata dipinta proprio per contenere in alto la piccola icona, secondo una tipologia molto praticata nella pittura senese del Seicento, specie, precisa l'autrice, in quella di ispirazione devozionale ed'intento miracolistico.

Il restauro delle due immagini potrà chiarire ancor meglio il piccolo enigma.

Patrizia Turrini Poggio Santa Cecilia: una comunità e la sua storia.

Sulla base delle fonti bibliografiche e di quelle archivistiche, compresi gli scritti degli eruditi settecenteschi, ricostruisce in maniera esemplare vicende e fatti di un lontano passato, delineando la storia del territorio e in particolare del Poggio Santa Cecilia, oggi semi-abbandonato, un tempo centro di notevole importanza.

L'autrice colloca <u>l'origine della chiesetta in Ferrata</u> all'epoca altomedievale, basandosi anche su un antichissimo reperto archeologico attribuibile al sec. X (Orante), analizza l'origine del toponimo Ferrata partendo dalla leggenda e avanza alcune ipotesi per spiegarne il significato.   

Sulla base della <u>leggendaria donazione del tribuno romano Zenobio</u> (redatta non nel 377 ma nella prima metà del sec. XI) che conferiva alla diocesi aretina tutto il territorio poi conteso nella controversia con il vescovo di Siena (rotolo 3), la zona di Rapolano si può inserire nel vasto territorio poi di contestata giurisdizione tra le due diocesi.

Attraverso gli atti della famosa controversia e altri documenti successivi la urrini segue nel corso dei secoli le testimonianze sulla Pieve di San Gervasio, la parrocchiale dalla quale dipendeva il territorio che in epoca successiva si identifica con il piviere di Rapolano con Armaiolo e Poggio Santa Cecilia, con il piviere di Santo Stefano con Farnetella Rigomagno e Modanella, e con chiese assegnate successivamente ad Asciano.

<u>Scialenghi Cacciaconti</u>. E ancora le vicende del nostro territorio si intersecano con quelle del comune di Siena alla conquista del contado, mediante la conquista delle signorie rurali, assoggettate con guerre, patti di fedeltà e sottomissioni. Di particolare importanza il giuramento di fedeltà del <u>1175</u> a Siena degli Scialenghi Cacciaconti, dove non tra i castelli non figura il Poggio Santa Cecilia forse ancora da incastellare, ma è citata la "ecclesia Sancte Cecilie de Ferrata", forse la prima intitolazine alto-medievale del sacro luogo, che poi cambiò (forse come dice Marcolini) la sua denominazione in Santa Maria (la troviamo menzionata nella visita del vescovo di Arezzo Guglielmo Ubertini del 1257). Poggio Santa Cecilia è invece ricordato  nella pace del 1198 (quindi fu incastellato tra il 1175 e il 1198) e nel giuramento di fedeltà prestato nel 1213 dai residenti della Scialenga a conferma della sovranità senese.

Nella Biccherna elenchi del 1248-1252 dei cittadini salvatici di Poggio; tali elenchi erano compilati a fini fiscali.

Poggio Santa Cecilia un castello di frontiera, coinvolto nelle vicende degli stati confinanti. All'epoca di Montaperti (1260) subì incursioni sia da parte dei guelfi sia da parte dei ghibellini. Nel Consiglio generale si trovano notizie in merito a tutte queste vicende e in particolare alla guardia e alla custodia del castello.

<u>1285-1286</u> ribellione a Siena di Poggio Santa Cecilia, roccaforte dei fuorusciti ghibellini sostenuti dal vescovo di Arezzo (comandava l'esercito Tacco Pecorai della Fratta, padre di Ghino).  Guido di Monfort  <u>assedia il castello di Poggio</u> che cade nel 1286. pace. Distruzione del castello da parte di Siena. Nel Trecento una fedeltà vacillante. A metà Trecento ricostruzione del castello.

Guerra del 1526 e guerra di Siena; rifugio per breve tempo dei dissidenti senesi

<u>Lo statuto cinquecentesco</u>, conservato nell'archivio Tadini Buoninsegni, trascritto da Doriano Mazzini. Permette di ricostruire l'organizzazione istituzionale  di Poggio l'organizzazione della vita sociale e civile. Organi istituzionali: vicario nominato da Siena, i priori, il consiglio dei capi-famiglia, il camarlengo, il sindaco, il messo, i santesi, i paciari, due revisori delle cause, campaio. Inoltre norme di igiene, pulizia e mantenimento delle "forme" (i canali di scolo delle acque) la cui manutenzione permetteva il mantenimento delle strade ed evitava gli allagamenti dei terreni coltivati; procedura; ordine morale/ordine pubblico (divieto di bestemmiare).

Il Seicento: relazione economica del Biringucci; relazione dell'auditore Gherardini inviato dal granduca a visitare lo Stato e a relazione sulla situazione di ciascuna comunità.

Settecento, riforma comunitativa di Pietro leropoldo (1777): furono aggregate alla nuova comunità di Rapolano le antiche comunità di Armaiolo, Serre e Poggio Santa Cecilia e 5 piccoli comunelli (San Gimignanello, Modanella, Laticastelli, Campiglia d'Ombrone, e Castiglion Baroti)

Marco Del Pasqua: Un'antica chiesa tra sacralità, leggende e tradizioni popolari.

Saggio antropologico, interpreta e comunica ai lettori il significato più immediato ma anche più profondo che questo piccolo santuario ha assunto nel cuore e nella sensibilità collettiva dei poggesi: è certamente un luogo di culto e di devozione, ma anche un testimone della vita delle campagne, di una civiltà contadina toscana che sta scomparendo. Del Pasqua ci racconta com'era la vita a Poggio Santa Cecilia nel dopoguerra, quando ancora nelle case non c'era acqua corrente, telefono e elettrodomestici; la corrente però raggiungeva tutti i poderi ed era quindi possibile tenere la radio dove si poteva ascoltare musica, il "comunicato", e programmi tipo quello noto di Silvio Gigli "Sorella Radio". La comparsa dei primi detersivi, le veglie in casa, i racconti e le storie per i bambini; l'uso di dare soprannomi. Il prete per scaldare il letto, i colroni; la solidarietà con i vicini. Condizioni di vita edi lavoro senz'altro molto più dure di oggi.

La Madonna di Ferrata, faceva parte di questa vita ed  era la consolazione dei poveri da tate sofferenze e tribolazioni. La chiesa per secoli è stata meta di pellegrinaggi. Visite di potenti. Dante. Giovanni Villani

Vera Marcolini Madonna in Ferrata: una storia difficile da ricostruire con poche certezze.

L'autrice ha fatto una ricerca archivistica molto ampia e attenta e di grandissimo interesse: ha analizzato le visite pastorali dei vescovi di Arezzo a partire dal sec. XII, annotando tutte le notizie relative alle chiese di Poggio.

-La prima notizia di una chiesa legata al toponimo Ferrata è del 1154 (Annali Camaldolesi) ed è riferita alla chiesa di <u>Santa Cecilia</u>.   

- Visita del vescovo Guglielmo Ubertini del 1257: vi è ricordata una chiesa di Santa Maria di Ferrata.

- Rationes decimarum 1274-275: chiesa di Santa Cecilia de predicto castro e chiesa di San Pietro del Poggio di Santa Cecilia.

- decime del 1302/1303 San Pietro e Santa Lucia de castro.

- visita pastorale del 1468: Santa Lucia di castel vecchio, <u>San Pietro del Poggio di Santa Cecilia, Santa Maria di Ferrata</u> (quest'ultima aveva la cura parrocchiale, nel 1484 si avrà l'unione alla chiesa di san Pietro), Santa Lucia fuori del castello. Non si nomina un oratorio della madonna ferrata che comunque esisteva .

.- 1561 chiesa di Santa Cecilia sine cura retta dai frati dell'Ordine camaldolese della Rosa.

- Tra le carte del monastero dei Camaldolesi della Rosa e di Santa Mustiola notizie sulla chiesa di Santa Cecilia.

- Continua l'esame delle visite pastorali; la Marcolini cerca di districarsi fra chiese con denominazione uguale, in particolare una chiesa di Santa Maria con denominazione omonima a quella del piccolo santuario nel bosco.

- Visita pastorale del 1648 parla del santuario e dell'immagine della Madonna.

- Visita del 1680 Santa Maria Ferrata extra il Poggio e messa mensile.

- 1736 Legato per far celebrare una messa mensile.

- 1760: Obbligo messa mensile e festeggiare la Natività della Vergine

- Elenco degli oggetti d'arte di Francesco Brogi tra il 1862 e il 1865: descrive tra gli altri anche gli oggetti d'arte presenti nella chiesa di Santa Maria in Ferrata compreso il quadro con la finestra e l'immagine quattrocentesca della Madonna con bambino.

Ipotesi di Vera Marcolini: il santuario nel bosco era ubicato in un punto che fungeva da snodo secondario di collegamento con strade e centri importanti, pertanto poteva essere sorto come xenodochio, ossia come ricovero per i pellegrini.

Doriano Mazzini Notizie dall'archivio Tadini Buonisegni e dall'archivio della parroccchia di Santa Maria Assunta in Rapolano Terme (secc. XVI-XX).

Il suo contributo è frutto delle sapienti ricerche nell'archivio Tadini Buoninsegni e in quello della parrocchia di Santa Maria Assunta di Rapolano Terme.

1604: un documento dell'archivio Tadini Buoninsegni attesta la costituzione dello ius patronato Buoninsegni della chiesa di Santa Maria in Ferrata al Poggio Santa Cecilia, con relativa conferma della curia aretina.

Nell'archivio Tadini Buoninsegni si conservano quattro tomi di Memorie e un Diario di Pietro Buoninsegni -in corso di trascrizione da parte di Doriano Mazzini e di sua moglie Carla e si spera di prossima pubblicazione - che forniscono preziose einedite notizie sulle chiese e su tutta la vita del castello. Pietro Buoninsegni riferisce infatti che siccome la chiesetta nel bosco era lontana dall'abitato e scomoda, la parrocchia fu trasferita a una chiesa camaldolese, Santa Maria, vicino alle mura del castello. La chiesa di Santa Maria in Ferrata continuava comunque ad essere luogo di devozione per la popolazione, era sede di una compagnia laicale, i cui confratelli organizzavano una processione ogni prima domenica del mese. Addirittura si fecero fare una copia dell'immagine della Madonnna della chiesetta di Ferrata da Giovanni Battista Formichi (professore dell'Istituto d'Arte di Siena), che restaurò anche l'affresco della chiesetta.

Quando Pietro Buoninsegni scrive (inizi Ottocento) anche la chiesa di Santa Maria era stata abbandonata e la parrocchia trasferita nella chiesa di San Pietro d'Alcantara all'interno del castello di Poggio Santa Cecilia.

Attraverso le memorie del Buoninsegni e altri documenti dell'archivio il Mazzini descrive i restauri di fine Settecento della chiesa di San Pietro e il successivo ampliamento della chiesa fornendo addirittura gli elenchi delle spese sostenute.

La famiglia Buoninsegni condivideva lo ius patronato della chiesa di San Pietro con il granduca e nel 1821 si offrì di pagare i lavori di ampliamento della chiesa e chiese in cambio che il granduca gli lasciasse tutto lo ius patronato e così fu. I restauri dal 1828 al 1830.

Nel 1840 lo ius patronato passa poi a Pietro Leopoldo Buoninsegni, adottato da Pietro con esclusione della madre e della moglie. Pietro Leopoldo prima in un primo momento fu pessimo amministratore, successivamente adottò un'amministrazione più oculata del patrimonio ereditato, fece costruire vari poderi con nomi patriottici; era amico di Garibaldi, anticlericale, rapporti tesi con il parroco, scambio di missive ‘incendiarie' tra lui e il parroco che però gli teneva testa fieramente.

Il parroco Laurenti  racconta l'inaugurazione del camposanto. Le accuse infamanti contro di lui per vendetta.

1874 muore Pietro Leopoldo, i figli autorizzati ad aggiungere il cognome materno: Tadini Buoninsegni.

Lantica chiesa di proprietà dell Società Agricola Poggio Santa Cecilia S.p.A., che nel settembre 2009 l'ha ceduta allaparrocchia di Rapolano Terme.

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